Dieta a zona

Una corretta alimentazione è la base di una strategia anti-invecchiamento

Il corpo umano, per costruire, sviluppare, rinnovare le sue strutture e mantenere le funzioni vitali di tutti i suoi organi ed apparati, nonché per svolgere il lavoro muscolare, necessita di un apporto di energia che viene fornita dagli alimenti sotto forma di sostanze. Queste sostanze vengono definite principi nutritivi o nutrienti e sono: glucidi (zuccheri), lipidi (grassi), proteine, vitamine, sali minerali, acqua ed alcol (che è contenuto solo nei vini, distillati e liquori).

Le funzioni nutritive degli alimenti sono fondamentalmente le seguenti:

  • fornire energia per la produzione di calore, lavoro ed altre forme di energia (funzione energetica).
  • fornire materiale per la crescita e la riparazione dei tessuti (funzione plastica).
  • fornire materiale regolatore dei processi biologici (funzione regolatrice-protettiva).

La quantità di energia fornita dalla combustione degli alimenti si misura in calorie e viene fornita in maniera diversa dai vari nutrienti: 1 g. di glucidi fornisce 4 calorie; 1 g. di lipidi 9 calorie; 1 g. di proteine 4 calorie; 1 g. di alcol 7 calorie.

A parte lo zucchero e l’olio, che contengono al 100% rispettivamente glucidi e lipidi, tutti gli altri alimenti contengono quantità variabili di tutti e tre i principali costituenti nutritivi ma vengono classificati in “carboidrati”, “proteine” o “grassi” sulla base del costituente predominante .

Ogni individuo necessita di una determinata quantità di energia necessaria per svolgere le funzioni vitali (attività cardiaca e respiratoria, mantenimento idroelettrolitico), il metabolismo basale, e di una quantità di energia necessaria per le attività quotidiane, il fabbisogno energetico. Quest’ultimo dipende dall’età, dal sesso, dal peso corporeo e dal tipo di attività svolta. Nella donna gravida, nel bambino e nel giovane l’apporto calorico deve essere sufficiente a consentire un accrescimento normale; nell’adulto deve mirare ad ottenere e mantenere il peso ideale.

Tale quantità di energia deve essere fornita, in proporzioni fisse, dai diversi principi nutritivi.

La composizione alimentare è ottimale allorché il 40% delle calorie è fornito dai carboidrati, il 30% dalle proteine ed il restante 30% dai lipidi.

Tali proporzioni, consigliate dalla Dieta a Zona (che basa i suoi principi sul raggiungimento di una “zona” di benessere psico-fisico), consentono, oltre alla riduzione di peso attraverso la perdita di tessuto adiposo ed al miglioramento delle performances mentali e fisiche, anche, attraverso un bilanciamento degli ormoni (insulina, glucagone, eicosanoidi) che influenzano la risposta infiammatoria dell’organismo, di mantenere sotto controllo i livelli di grasso tossico e di impedire che questo si diffonda nell’organismo provocando malattie croniche degenerative. Per questo scopo un ulteriore aiuto è dato dall’aggiunta di almeno 2 grammi al giorno di olio di pesce (omega 3) e di polifenoli, dallo svolgimento di una moderata attività fisica (l’alimentazione incide per circa l’80%, l’attività fisica per il 20%) e dalla riduzione dello stress.

In condizioni patologiche particolari (per esempio nell’insufficienza renale) tali proporzioni possono essere alterate.

Dal punto di vista pratico è opportuno fare tre pasti e due spuntini, non fare trascorrere più di cinque ore senza mangiare (anche se non si ha fame) e consumare anche proteine e grassi (come condimento è consigliabile utilizzare l’olio extravergine di oliva) ogni volta che si assumono carboidrati. Per quanto riguarda le proteine, idealmente in una settimana si dovrebbero consumare quattro pasti a base di pesce, quattro a base di pollo, quattro a base di manzo o vitello o agnello, uno a base di affettati o di uova ed uno a base di formaggi.

Se la quantità di cibo è eccessiva, soltanto una parte sarà utilizzata per fornire energia; l’altra sarà messa in riserva sotto forma di grasso e comporterà quindi un aumento di peso.

Il peso ideale di un individuo è determinato in funzione della statura, del sesso e dello spessore delle ossa ed è il peso statisticamente associato alla maggiore durata di vita. Un metodo pratico per valutare il proprio peso ideale consiste nel calcolare l’indice di massa corporea (IMC);

IMC = peso corporeo/altezza al quadrato (kg/metri quadrati). Ad esempio, se una persona pesa 70 Kg ed è alta 1 metro e 80 il suo indice di massa corporea sarà: IMC = 70/1,80² = 21,60.

L’IMC ideale è compreso tra 20 e 25. Un IMC tra 25.1 e 29.9 è indice di soprappeso mentre oltre i 30 si parla di obesità. L’obesità, il fumo, l’ipertensione arteriosa, il colesterolo LDL elevato, il colesterolo HDL basso, un’alterata glicemia a digiuno, una storia familiare di malattia coronarica prematura, l’età, l’ipertrigliceridemia, la sedentarietà e lo stress costituiscono i principali fattori di rischio cardiovascolare. Questo è ancora più elevato se la circonferenza addominale è maggiore di 102 cm nell’uomo e di 88 nella donna. I valori ideali sono rispettivamente minori di 94 e di 80.

Infine, è possibile sapere se si è affetti dalla “sindrome del grasso tossico” attraverso la determinazione dei livelli di insulinemia a digiuno e/o del rapporto tra la trigliceridemia e la colesterolemia HDL. I valori di insulinemia sono ideali se inferiori a 5 uU/ml, buoni se tra 5 e 10, insoddisfacenti se tra i 10 e 15 e pericolosi se superiori a 15; il rapporto TG/HDL è ideale se inferiore a 1, buono se tra 1 e 3, insoddisfacente se tra 3 e 4 e pericoloso se superiore a 4.

La dieta a zona: i tuoi ormoni – il tuo destino

Negli ultimi quarant’anni sono stati fatti grandi errori nella dieta umana. Le persone sono diventate più grasse e meno sane; anche se la vita si è allungata molti degli anni in più vengono vissuti in condizioni di salute non ottimali.

La “dieta a Zona” (dove per Zona si intende lo stato metabolico in cui l’organismo lavora al suo massimo picco di efficienza) fu ideata da Barry Sears, un biochimico statunitense verso la metà degli anni ottanta; essa non è solamente una dieta ma soprattutto una proposta nutrizionale che ha come obiettivo il controllo dell’infiammazione, la quale può essere indotta, oltre che da altri fattori quali ferite e microbi, anche da una alimentazione sbagliata; questa infiammazione all’inizio è silente e non viene avvertita; se non viene spenta, può successivamente provocare malattie croniche degenerative tra le quali il diabete, le cardiopatie, i tumori ed il morbo di Alzheimer.

Se fossimo disposti a tornare allo stile di vita degli anni venti (niente oli vegetali, pochi carboidrati raffinati, niente televisione né Internet, poco riscaldamento, molta attività fisica, molte ore di sonno, ecc.) allora dell’infiammazione silente e dei suoi abituali compagni di viaggio (obesità, diabete e cardiopatie) forse non rimarrebbero tracce; ben pochi di noi, ovviamente, accetterebbero di vivere a quel modo ai nostri tempi.

L’azione antiinfiammatoria della dieta si ottiene attraverso il mantenimento entro una zona ottimale dei valori di specifici ormoni (insulina, glucagone ed eicosanoidi).

Questo equilibrio ormonale permette di raggiungere diversi benefici:

-diminuire, come si è detto, i livelli di infiammazione.

-conservare le prestazioni fisiche e mentali ai massimi livelli per tutta la giornata.

-perdere i chili di troppo mantenendo alto il tono muscolare.

-eliminare gli “attacchi di fame”.

-vivere più a lungo.

Ricordiamo che il fattore che scatena l’ingrassamento è l’elevarsi dei livelli di insulina nel sangue, determinato dall’innalzamento della glicemia; un dimagramento si ha soltanto quando nella cellula adiposa avviene la lipolisi, ossia quando una molecola di trigliceridi viene scissa nelle quattro molecole elementari che la costituiscono (una di glicerolo e tre di acidi grassi) e che possono così uscire dall’adipocita ed andare là dove verranno consumate.

L’equilibrio ormonale si raggiunge con un corretto bilanciamento tra consumo di carboidrati (che stimolano la secrezione di insulina), di proteine (che favoriscono il rilascio di glucagone) e di grassi. E’ per questo che nei tre pasti principali e negli spuntini il 40% delle calorie deve provenire dai carboidrati, il 30% dalle proteine ed il 30% dai grassi.

Un aspetto fondamentale della “dieta a Zona” è l’indice glicemico dei carboidrati, che, in parole semplici, rappresenta la velocità con la quale essi vengono assorbiti dall’intestino e passano nel sangue sotto forma di glucosio; questo indice, insieme alla quantità del cibo ingerito, determina il carico glicemico, il quale è responsabile dell’innalzamento più o meno marcato della glicemia.

Per questo motivo è importante saper scegliere bene i carboidrati in base alla loro qualità, preferendo quelli a basso indice glicemico, ma tenere conto anche della quantità.

Si deve quindi mangiare molta verdura (tranne patate, barbabietole, carote cotte e zucca) ed una buona quantità di frutta (eccetto banane, fichi, cachi, mango, papaia), preferendo queste fonti di carboidrati a quelli ad alto indice glicemico (pane, pasta, riso, dolci).

Dal punto di vista pratico è opportuno fare tre pasti ed almeno due spuntini, non fare trascorrere più di cinque ore senza mangiare (anche se non si ha fame, in quanto è importante mantenere il più possibile costante il livello degli zuccheri nel sangue), consumare anche proteine e grassi (come condimento è consigliabile utilizzare l’olio extravergine di oliva) ogni volta che si assumono carboidrati e bere almeno due litri di acqua al giorno.

Oltre a queste regole alimentari la “dieta a Zona” propone uno stile di vita che comprende l’assunzione regolare di omega -3, di polifenoli (presenti soprattutto nella frutta e nella verdura colorata), l’attività fisica e la riduzione dello stress.

Seguire la “dieta a Zona” è facile, i benefici sono rapidi e può essere seguita anche dai bambini (per prevenire il grave problema dell’obesità infantile), dalle donne in gravidanza e da quelle che allattano. Oltretutto possiamo cominciarla gradualmente apportando qualche modifica al nostro comportamento alimentare di settimana in settimana.  Per iniziare sono sufficienti due occhi, una mano ed un orologio.

Per associare gli alimenti all’interno di un pasto possiamo infatti usare il metodo “a occhio” o “della mano”, che pur essendo semplice ha comunque delle regole e che è molto pratico soprattutto quando mangiamo fuori casa (al ristorante, al self-service, in pizzeria, al bar, in viaggio, in spiaggia, ecc.).

Se vogliamo essere più precisi utilizzeremo invece il metodo “dei blocchi”, che utilizza come unità di misura il blocco, che è composto da 9 g di carboidrati, 7 g di proteine e 3 g di grassi. Le calorie non sono il modo migliore per utilizzare il cibo: infatti carboidrati e proteine hanno lo stesso potere calorico ma inducono una risposta ormonale opposta.

Dopo due o tre giorni di corretta alimentazione si ridurrà la sensazione di fame e migliorerà la capacità di concentrazione; dopo quattro o cinque ci sentiremo più energici; dopo due settimane i vestiti saranno meno stretti e ci sentiremo meno stressati e dopo un mese avremo un miglioramento degli esami ematochimici (soprattutto dei livelli di insulinemia a digiuno e del rapporto tra la trigliceridemia e la colesterolemia HDL, parametri che esprimono il grado di infiammazione del nostro corpo).

Ogni volta che ci alimentiamo influenziamo i nostri ormoni fino al pasto (o spuntino) successivo. Se e quando trasgrediremo provocheremo un danno quindi solo per circa cinque ore; dovremo però ricominciare a mangiare “pro  Zona” dal pasto o dallo spuntino successivo e non correggere un pasto sbagliato con un altro sbagliato. Se dopo quattro – sei ore dal pasto ci sentiremo mentalmente lucidi e non avremo appetito significa che il rapporto proteine/carboidrati nell’ultimo pasto era ideale per la nostra individualità biochimica. Naturalmente più errori faremo più lontano resterà l’obiettivo da raggiungere, ma non sarà il caso di farci prendere dallo sconforto: basterà ricominciare.

Con l’aggiunta della soia e del tofu quali ulteriori fonti proteiche questa strategia alimentare può essere utilizzata anche dai vegetariani.

L’accusa più importante che viene mossa alla “dieta a Zona” riguarda la sua presunta iperproteicità. In realtà tale eccesso è solo apparente, poiché la Zona si limita a ritoccare la quota dei carboidrati; abbassando tale quota si verifica un conseguente rialzo percentuale degli altri componenti (proteine e grassi) senza che ciò comporti un reale aumento dei quantitativi assoluti.

Le diete ad elevato contenuto proteico, a differenza della Zona, generano uno stato metabolico anormale noto come chetosi, che causa una perdita di importanti elettroliti come il potassio e ciò può creare problemi cardiaci; inoltre, provocano la demolizione della massa muscolare per produrre i livelli di glucosio necessari al funzionamento del cervello che senza un adeguato apporto di carboidrati non può lavorare perfettamente.

Un’altra critica riguarda la necessità del carico di carboidrati per gli atleti. La Zona promuove il metabolismo prevalente dei grassi anziché quello dei carboidrati, che non sono il miglior carburante per gli sportivi anche se devono essere in quantità sufficienti per impedire la formazione dei corpi chetonici. Negli atleti “in Zona” le scorte sono più che sufficienti ad evitare questo problema.

Per tutti i seguaci della “dieta mediterranea”, infine, ricordiamo che l’unica differenza tra le due diete è costituita dalla fonte privilegiata di carboidrati; nella dieta mediterranea sono i cereali con tutti i loro derivati (grandi stimolatori di insulina e privi di polifenoli, quindi infiammatori), nella “dieta a Zona” la frutta e la verdura (bassi stimolatori di insulina e ricchi di polifenoli, quindi anti-infiammatori).

L’alimentazione per far funzionare al meglio il nostro camino…

Mi sono recentemente imbattuto in un articolo della dottoressa Anne-Marie Blacker riguardante l’alimentazione.

Quando nasciamo abbiamo solo una piccola fiamma nel nostro camino, fiamma che con il nutrimento diventa un fuoco. Le persone hanno camini leggermente diversi (biochimica individuale) ed alcuni di noi producono più calore rispetto ad altri (genetica).

Noi abbiamo bisogno di mantenere il fuoco caldo e costante con la quantità e qualità ottimale di combustibile al tempo giusto.

Nel momento in cui il fuoco si accende qualsiasi combustibile verrà bruciato; ognuno di essi ha però un effetto diverso.

La carta può essere paragonata ai carboidrati ad alto contenuto glicemico (pane, pasta, riso, patate, carote ecc.). Abbiamo bisogno della carta per accendere il fuoco e, se si spegne, possiamo riaccenderlo. La carta produce una grande fiamma e può infiammare la legna ma non produce molto calore e da sola muore velocemente, lasciando residui sulla grata.

Le fascine di legno possono essere paragonate ai carboidrati a medio contenuto glicemico. Il legno brucia velocemente, dura più a lungo della carta e produce più calore. Mantiene il fuoco ma non dura tanto tempo; ancora una volta il fuoco si affievolirà velocemente.

I piccoli tronchi secchi possono essere paragonati ai carboidrati a basso contenuto glicemico (verdura e frutta). Prendono fuoco abbastanza velocemente e bruciano per un periodo di tempo ragionevole. Sono un combustibile appropriato per fornire calore a medio ed a lungo termine.

Le foglie possono essere paragonate alla fibra, la quale rallenta la velocità di combustione.

Le proteine fanno sì che il combustibile bruci più lentamente e sono anche necessarie a ricostruire il camino.

Il grasso è come il carbone: produce più calore a causa delle sue doppie calorie e brucia anche più lentamente. A seconda del tipo di grasso si hanno però effetti differenti.

Il grasso saturo ed i grassi poli-insaturi della famiglia degli omega 6 producono più calore; tuttavia sono pieni di impurità e se ne vengono bruciati troppi le ceneri ostruiscono la grata e bloccano il flusso d’aria. Il grasso monoinsaturo brucia pulito; se ne viene fornito abbastanza pulisce la cenere accumulata dai grassi saturi e dagli altri combustibili. Gli omega 3 sono un carburante di elevata qualità, producono molto calore ed eliminano tutti i residui prodotti dai combustibili inferiori.

Una volta che il residuo viene pulito il fuoco brucerà in modo vivace e la sua energia verrà rinnovata.

Tuttavia nel corso degli anni, di solito verso la metà della vita, il residuo di cenere si accumula impedendo al nuovo carburante di bruciare efficientemente ed il fuoco si affievolisce.

Infatti anche usando troppo combustibile si accumula ulteriore residuo e questo accorcerà la vita del fuoco. Inoltre se quasi tutto il combustibile è costituito da carboidrati ad alto contenuto glicemico, da grassi saturi e da omega 6 il camino si intaserà molto velocemente. Una volta che il camino sarà molto intasato il fuoco morirà … e così faremo noi.

Con la giusta miscela di combustibile, invece, il fuoco brucerà caldo ed a lungo senza residui, conservando in tal modo la propria fiamma eterna.

Per bruciare efficientemente e con vivacità il nostro fuoco richiede quindi buoni carburanti puliti che brucino in equilibrio, un pezzetto di carta di tanto in tanto, alcune fascine, una quantità ragionevole di piccoli tronchi secchi, adeguate proteine per proteggere il camino e grassi buoni per fornire una fonte di calore a lunga durata.

L’esercizio fisico, infine, è come mescolare il fuoco; se fatto regolarmente brucerà caldo e pulito; se però viene mescolato troppo si spegnerà.

Quando siamo stressati o depressi tendiamo a scegliere alimenti ricchi di carboidrati (patatine, cioccolato, dolci, alcolici) che danno un temporaneo aumento di glucosio nel sangue al cervello. Purtroppo questo causa un picco d’insulina, il glucagone viene soppresso, il cortisolo aumenta e vengono prodotti eicosanoidi “cattivi” peggiorando la depressione. Si instaura in tal modo un circolo vizioso!

Così come una corretta dieta ed un moderato esercizio fisico, anche il rilassamento può quindi aiutare a controllare lo stress attraverso la diminuzione dei livelli di cortisolo. E’ consigliabile, ad esempio, coltivare un hobby, fare camminate nella natura, trascorrere del tempo tranquilli o praticare lo yoga.

In conclusione, attraverso una corretta alimentazione, un moderato esercizio fisico e la riduzione dello stress otterremo un miglior controllo dell’insulina e l’equilibrio degli eicosanoidi che ci porteranno una migliore salute fisica ed emotiva.